Quando a luglio Zhi Dong Zhang, alias El Chino o Fratello Wang, è svanito dal suo arresto domiciliare a Città del Messico, nessuno dei soldati di guardia se n’è accorto. Attraverso un passaggio scavato verso la proprietà adiacente, il presunto trafficante ha iniziato una corsa internazionale che lo ha portato prima a Cuba, poi — secondo diverse fonti — fino in Russia. Una fuga preparata nei minimi dettagli, ben lontana dall’improvvisazione.
Dalla capitale messicana alle frontiere del mondo
Zhang non era un criminale qualunque. Arrivato in Messico prima della pandemia, aveva sposato una cittadina locale e ottenuto la nazionalità. Questo gli ha dato la possibilità di costruire un ponte culturale tra due mondi criminali spesso difficili da collegare.
Le autorità statunitensi sostengono che abbia contrabbandato grandi quantità di precursori chimici indispensabili per produrre fentanyl, rifornendo i cartelli di Sinaloa e Jalisco. Oltre a ciò, è accusato di traffico di cocaina, metanfetamine e di aver gestito un giro di riciclaggio da circa 100 milioni di dollari attraverso società fantasma e conti bancari negli USA.
Fratello Wang: un uomo chiave per i cartelli messicani
Secondo gli investigatori, Zhang o Fratello Wang rappresentava un profilo raro. Un operatore capace di muoversi con la stessa agilità nei circuiti criminali cinesi e in quelli messicani. “Un obiettivo di convergenza”, lo definiscono gli esperti, ovvero qualcuno che controlla snodi organizzativi cruciali più dei capi stessi.
La sua liberazione e la successiva fuga, secondo analisti e fonti statunitensi, non sarebbero state possibili senza una rete potente. Probabilmente un circuito composto da figure ancora ignote, pronte a investirsi per una sua protezione.
Corruzione, geopolitica e un ritorno forzato
La rotta di fuga, che includeva un jet privato e tentativi di ingresso in Paesi alleati della Russia o vicini alla Cina, fa supporre che Fratello Wang puntasse ad approdare in un luogo non collaborativo con la giustizia americana.
La Russia lo ha respinto, mentre Cuba — forse in cerca di un gesto distensivo verso Washington — lo ha arrestato e riconsegnato alle autorità messicane, che lo hanno a loro volta estradato negli Stati Uniti.
La rete criminale tra Cina e Messico: un legame in crescita
Il caso di Zhang porta alla luce una verità ormai evidente: l’intreccio operativo tra gruppi criminali cinesi e cartelli messicani è oggi più saldo che mai. Negli ultimi dieci anni, le organizzazioni cinesi sono diventate i principali interlocutori dei cartelli per il riciclaggio di denaro, offrendo un sistema veloce, discreto e difficile da tracciare.
La chiave del loro successo risiede nella domanda interna alla Cina: molti cittadini cercano di trasferire ingenti somme all’estero nonostante i limiti imposti dal governo, creando un mercato perfetto per chi ricicla denaro su scala globale.
Il nuovo modello di riciclaggio “a distanza”
Il meccanismo è semplice nella teoria ma complesso nella pratica. Invece di spostare fisicamente i soldi, tutto avveniva tramite una catena di intermediari. Un collaboratore del cartello consegna contanti a un cittadino cinese negli Stati Uniti; nel frattempo, i broker cinesi garantiscono il pagamento in pesos ai cartelli attraverso loro contatti in Messico.
Parallelamente, altri clienti in Cina ricevono yuan in cambio dell’acquisto di dollari provenienti dai proventi della droga.
Il risultato? Operazioni quasi istantanee, nessun trasferimento bancario ufficiale, costi minimi — molto inferiori ai tradizionali sistemi criminali.
Un arresto importante, ma non decisivo
Sebbene la cattura di Zhang rappresenti una fonte di informazioni preziosa per le forze dell’ordine statunitensi, gli specialisti ritengono improbabile che possa realmente interrompere la catena di approvvigionamento dei precursori per il fentanyl. Le reti criminali sono adattabili e, come dimostra il caso stesso, profondamente radicate in dinamiche internazionali estremamente complesse.
