Epstein e la memoria selettiva dell’Occidente

Re Carlo punisce il fratello Andrea, ma l’America chiude gli occhi sui legami di Trump con il mondo oscuro di Epstein

Andrea Mountbatten-Windsor e Donald J. Trump

La nuova ondata di rivelazioni sul caso Epstein torna a scuotere i palazzi del potere, questa volta travolgendo nuovamente Andrea Mountbatten-Windsor, ex duca di York, oggi privato del titolo di principe dal fratello Carlo III. È un epilogo umiliante, ma non sorprendente, da anni il nome di Andrea aleggia tra le pieghe di un dossier che sembra non avere fondo. Le nuove email pubblicate dal Guardian, e le indagini parallele della BBC, tracciano il ritratto di un uomo che non solo ha frequentato il defunto finanziere pedofilo Jeffrey Epstein dopo il suo primo arresto, ma che pare abbia mantenuto contatti e legami anche quando la reputazione di quest’ultimo era ormai irrimediabilmente compromessa.

Il disonore reale è totale, la perdita del rango militare, la revoca dei titoli e l’allontanamento definitivo dalla vita pubblica. Tuttavia, questa caduta verticale, benché meritata sul piano morale, evidenzia un fatto innegabile, l’indignazione internazionale sembra avere una geografia politica ben precisa. L’ex principe Andrea diventa il simbolo esemplare del colpevole da punire, mentre altri personaggi, ben più potenti sullo scacchiere globale, continuano a scivolare indenni tra le maglie della memoria collettiva.

Jeffrey Epstein non era soltanto un predatore sessuale con un’agenda nera di nomi illustri, era un nodo oscuro in una rete di potere che intrecciava finanza, politica e intrattenimento. Nei suoi registri figurano ministri, scienziati, attori, principi e presidenti. E tra questi, spicca un nome che i media trattano con una cautela quasi reverenziale: Donald J. Trump.

L’attuale presidente degli Stati Uniti, come documentato da fotografie e testimonianze, intrattenne per anni un’amicizia con Epstein. Frequentava le sue feste, ne condivideva i circoli mondani, e fu più volte ospite nelle sue residenze, da Palm Beach a Manhattan. Eppure, mentre il principe Andrea viene travolto da un’ondata di riprovazione che gli ha distrutto la carriera e la dignità pubblica, Trump continua a sedere nello Studio Ovale, immune a qualsiasi stigma morale.

È qui che emerge il doppio standard dell’indignazione occidentale, un aristocratico in disgrazia è un bersaglio facile, un simbolo utile per lavare la coscienza collettiva di un sistema che preferisce sacrificare l’anello debole piuttosto che affrontare il marcio al suo interno. Ma quando il sospetto sfiora il vertice politico, la macchina del discredito si ferma, e la stampa si rifugia nel linguaggio dell’allusione prudente.

Epstein è morto, ma la sua ombra non ha smesso di camminare. La rete di protezioni che lo circondava continua a esistere sotto altre forme, nei rapporti tra potere economico e impunità morale. Andrea paga il prezzo della propria arroganza e ingenuità, ma il suo sacrificio mediatico serve anche a distogliere l’attenzione da chi, dietro il paravento della legittimazione democratica, ha beneficiato delle stesse frequentazioni.

La vera domanda, dunque, non riguarda più cosa abbia fatto Epstein, ma chi stia ancora beneficiando del suo silenzio. Il principe Andrea è stato processato nell’arena dell’opinione pubblica; Trump, invece, gode dell’immunità della memoria selettiva. Forse perché, in un mondo dove la monarchia è ormai decorativa, è più semplice crocifiggere un duca decaduto che mettere in discussione un presidente in carica.

Eppure, se la giustizia morale ha ancora un senso, dovrà prima o poi chiedere conto anche a chi, dal vertice del potere politico, ha chiuso gli occhi, o peggio, ha partecipato, agli stessi abusi che oggi indignano le coscienze. La monarchia britannica può espiare col sangue blu le proprie colpe; l’America, invece, continua a lavare le sue inchieste nel candeggio dell’oblio.

Finché non si romperà questo equilibrio ipocrita, Epstein resterà non solo un nome infame, ma un sintomo di un potere che si crede intoccabile perché eletto, non ereditato.