
La domanda sorge spontanea: è davvero questa la direzione che stiamo prendendo? In un’epoca in cui la violenza sembra infiltrarsi nella vita di tutti i giorni, anche tra i più giovani, cresce la sensazione che l’aggressività stia diventando una risposta abituale ai conflitti, un mezzo di affermazione e appartenenza.
Sempre più spesso i minorenni si lasciano influenzare da modelli che esaltano il possesso di armi, trasformando oggetti pericolosi in simboli di status o coraggio.
Caivano, il caso dei coltelli che ha fatto scattare l’allarme
Non siamo negli Stati Uniti, ma in provincia di Napoli. A Caivano, durante un controllo all’Istituto Morano del Parco Verde, i carabinieri hanno trovato tre coltelli negli zaini di studenti di 13 e 14 anni.
Il ritrovamento ha spinto la Prefettura e l’Arma dei Carabinieri ad attivare un piano di interventi coordinati, che coinvolgerà diverse scuole della città metropolitana di Napoli, da Pozzuoli a Castellammare di Stabia.
La misura prevede l’uso di metal detector all’ingresso degli istituti, con l’obiettivo di prevenire nuovi episodi e garantire un contesto più sicuro per gli studenti.
Un fenomeno in crescita, non un caso isolato
Il problema non si limita a Caivano. Pochi giorni prima, a Piscinola, un docente aveva trovato un coltello di venti centimetri nascosto nella cassetta del wc del bagno dei ragazzi.
Secondo il capitano dei carabinieri Luca Battistella, i controlli sul territorio hanno già portato al sequestro di quasi 500 armi tra coltelli, tirapugni e oggetti contundenti dall’inizio dell’anno, e 38 minorenni sono stati denunciati o arrestati per possesso di armi a scuola.
La voce della scuola: “Non banalizziamo, ma neppure enfatizziamo”
La dirigente scolastica Eugenia Carfora, alla guida dell’Istituto Morano, invita alla riflessione:
“È pericoloso enfatizzare, ma anche banalizzare. Un coltello nello zaino non deve esserci mai.”
La preside racconta come l’attenzione di un insegnante abbia permesso di scoprire gli oggetti pericolosi, ma esprime preoccupazione per la facilità con cui i ragazzi riescono a procurarsi armi online, spesso senza controllo.
Fondamentale, sottolinea, è la collaborazione con le famiglie, che in questo caso hanno risposto con partecipazione e responsabilità.
La riflessione del parroco: “Difendersi o attaccare?”
Presente davanti alla scuola anche don Maurizio Patriciello, parroco di San Paolo Apostolo nel Parco Verde.
Il sacerdote, da sempre voce attenta alle fragilità del territorio, si è chiesto:
“Cosa dovevano fare con quei coltelli? Difendersi? Attaccare? Forse per essere accettati devono imitare modelli sbagliati.”
Parole che richiamano l’urgenza di un intervento non solo repressivo ma anche educativo e sociale, per spezzare il legame tra appartenenza e violenza.
Una mentalità da cambiare
A differenza degli Stati Uniti, dove la paura è legata alle armi da fuoco, a Napoli il coltello viene percepito quasi come un accessorio personale, un oggetto da avere “per sentirsi forti”.
Un segnale inquietante, che riflette una deriva culturale e una crescente difficoltà a distinguere tra coraggio e pericolo, tra rispetto e sopraffazione.
Le istituzioni rispondono con controlli e misure di sicurezza, ma la vera sfida resta culturale: ricostruire nei giovani il senso della convivenza e del rispetto della vita.