Una pagina turpe, due orrori

Nel secondo anniversario del 7 ottobre, Mattarella richiama alla memoria le vittime di Hamas e condanna la reazione spropositata di Israele a Gaza. Un appello alla ragione in un tempo di cecità morale

Sergio Mattarella

Nel secondo anniversario della strage del 7 ottobre 2023, le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella giungono come un richiamo alla ragione in un tempo in cui la ragione stessa sembra essere la prima vittima. “Una pagina turpe della storia”, così il Capo dello Stato ha definito quella giornata di orrore, quando Hamas colpì Israele con ferocia cieca, uccidendo circa 1.200 civili e rapendo oltre 250 persone. Ma il presidente ha saputo, con equilibrio e lucidità morale, estendere la condanna oltre i confini dell’evento, verso le conseguenze che da allora hanno devastato Gaza e la coscienza del mondo.

Due condanne, una sola umanità

Mattarella ha ribadito un principio di civiltà che in troppi, in questi due anni, hanno smarrito: “L’orrore e la condanna per la violenza crudele e inaccettabile di Israele non attenua l’orrore e la condanna per Hamas”. È una frase che richiama la responsabilità etica del pensiero politico e civile: non si può scegliere quale atrocità giustificare, né ridurre la tragedia di un popolo all’alibi di un altro.

Gaza, il prezzo insopportabile della rappresaglia

Eppure, se il 7 ottobre resta una ferita aperta nella storia di Israele, la reazione che ne è seguita ha assunto dimensioni tali da capovolgere il senso stesso della giustizia. Gaza è oggi un cumulo di macerie, un cimitero di innocenti. Secondo le stime più accreditate, oltre 65.000 persone sono morte sotto i bombardamenti israeliani, tra cui più di 20.000 bambini. Un’intera generazione cancellata nel nome della sicurezza. Una rappresaglia spropositata, che non ha distrutto Hamas ma ha inflitto al popolo palestinese una punizione collettiva indegna di uno Stato che si proclama democratico e civilizzato.

Il diritto internazionale come bussola morale

Mattarella ha voluto ricordare che il diritto internazionale umanitario “va applicato con pienezza”, non evocato a convenienza. È un richiamo implicito ma inequivocabile a Israele, affinché cessi di usare la guerra come strumento politico. Dietro ogni parola del Presidente si avverte la consapevolezza che la giustizia non può essere misurata in tonnellate di esplosivo, e che il dolore di Gaza non può essere confinato al silenzio di chi teme di essere accusato di antisemitismo.

Antisemitismo e critica politica: due piani distinti

E proprio su questo punto Mattarella è stato netto: “I sentimenti per Gaza non possono confluire nell’ignobile antisemitismo”. È una distinzione fondamentale, oggi più che mai. Criticare Israele non significa odiare gli ebrei. Confondere le due cose è un errore colpevole, che serve solo a silenziare il dissenso e a perpetuare la violenza. L’antisemitismo è un veleno antico e mostruoso, ma usarlo come scudo politico contro ogni voce critica è una perversione del linguaggio e della memoria.

L’equilibrio come atto di coraggio

Il Presidente ha voluto tendere la mano alle vittime israeliane e a quelle palestinesi, richiamando alla necessità di liberare gli ostaggi e fermare la spirale dell’odio. In questo equilibrio risiede la forza morale del suo intervento: riconoscere che nessuna causa giustifica il massacro dei civili, che nessun dolore può legittimare l’annientamento di un popolo.

Una voce di coscienza in un’Europa smarrita

In un’Europa spesso afona di fronte alla tragedia mediorientale, la voce di Mattarella emerge come una delle poche a conservare una bussola morale. Non si tratta di equidistanza, ma di equità: la differenza tra chi osserva e chi comprende, tra chi tace e chi difende i principi su cui si fonda la dignità umana.

Due anni dopo quella “pagina turpe”, il mondo continua a scriverne altre, ogni giorno, a Gaza e altrove. Le parole del Capo dello Stato ci ricordano che la storia giudicherà non solo chi ha sparso il sangue, ma anche chi ha scelto di distogliere lo sguardo.