
Si torna a parlare di Afghanistan per un evento naturale che si è abbattuto in questi giorni su un territorio martoriato dalla presenza al governo di un regime e da una catastrofica situazione umanitaria che ha messo in ginocchio la vita di tutti, in particolare delle donne. Un paese, l’Afghanistan, tra i meno sviluppati al mondo, colpita nei secoli da guerre e invasioni: ancora oggi metà della popolazione stimata ( circa 22,9 milioni di persone) per sopravvivere avrebbe bisogno di assistenza umanitaria.
Il sisma del 31 agosto: magnitudo 6.0 con epicentro a Jalalabad
La prima scossa di magnitudo 6.0 è stata avvertita la sera del 31 agosto scorso a Jalalabad, la città più vicina all’epicentro, passando per Kabul, capitale del paese, fino a Islamabad, in Pakistan. Alcuni residenti, insieme a membri dell’esercito e della protezione civile, hanno evacuato i feriti dal terremoto vicino a Mazar Dara, nella provincia di Kunar.
La seconda scossa e la devastazione nelle province orientali
Un secondo terremoto, di magnitudo 5,2, ha colpito poi l’Afghanistan orientale, due giorni dopo il sisma che ha devastato diverse province al confine con il Pakistan. L’epicentro questa volta a 34 chilometri a nord-est della città di Jalalabad, nella provincia di Nangarhar, a una profondità di 10 chilometri.
Il bilancio delle vittime: oltre 1.400 morti e migliaia di feriti
Il portavoce del governo talebano, Zabihullah Mujahid, attraverso un comunicato ufficiale, ha parlato di piu di 1400 morti e più di 3000 di feriti. Il sisma ha devastato in particolare la provincia di Kounar. Oltre 5.000 abitazioni sono state completamente distrutte. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio e destinato ad aumentare. Questo secondo quanto affermato dal governo dei talebani, al potere nel paese dopo il ritiro degli Stati Uniti nel 2021. Attesa la pioggia delle ultime ore nella regione che ha reso difficoltoso il recupero dei cadaveri e dei superstiti. Le autorità locali hanno avviato operazioni di soccorso, ma il numero delle vittime potrebbe continuare a crescere nelle prossime ore a causa delle difficoltà di accesso alle zone più colpite.
Soccorritori in difficoltà: piogge e accesso limitato alle zone colpite
Pochi paesi – tra cui la Cina, l’India e il Regno Unito – hanno deciso di aiutare l’Afghanistan dopo il terremoto. L’Unione europea ha già stanziato 1 milione di euro in finanziamenti umanitari d’emergenza, oltre 130 tonnellate di scorte alimentari e di primo soccorso con direzione Kabul.
Finora prestare aiuto è stato molto complicato. Sia per l’orografia della regione interessata sia per la scarsità di risorse e mezzi di cui dispone il regime afghano dei talebani. Le aree geografiche afghane citate di Kunar ma anche di Nangarhar sono state le più difficili da raggiungere. A causa del forte conservatorismo di quelle popolazioni, dovuto alle regole rigide e discriminatorie dei talebani, sono proprio le donne ad essere soccorse in modo non tempestivo.
Gli aiuti internazionali: Europa e pochi altri paesi in supporto
Dalle immagini dei media che ci arrivano dai luoghi del disastro i soccorsi vengono prestati per lo più agli uomini che vengono trasportati negli ospedali più vicini. Ricordiamo inoltre che le zone rurali più distanti da Kabul erano già più arretrate e tali sono rimaste. Ancorate alle tradizioni del popolo afghano, fanno della donna un essere inferiore rispetto all’uomo, tanto da renderle dipendenti da loro in tutto e prive dei diritti umani per noi occidentali indiscutibili.
Le donne escluse dai soccorsi: la discriminazione che uccide
Le donne non possono essere toccate dagli uomini, gli uomini non parlano con le donne. I medici maschi negli ospedali non curano le donne, ma non ci sono medici donne che possano farlo. Tra l’altro il governo talebano sempre più ha continuato a a limitare il loro accesso ai servizi salvavita, rendendole vulnerabili e, in certi casi, abbandonati a se stessi.
Secondo quanto riportato da Shoaib Sharifi, direttore del servizio afgano della BBC, a seguito delle distruttive scosse nella regione di Kunar, molte donne sono state accompagnate solo all’alba nell’ospedale principale di Jalalabad. Luogo già molto affollato di uomini pakistani e afghani e in condizioni caotiche.
Testimonianze dal campo: tra ospedali al collasso e diritti negati
Deepmala Mahla dell’organizzazione umanitaria Care ha dichiarato in un’intervista :“Le donne e le ragazze stanno pagando il prezzo più alto della crisi, come sempre accade. Abbiamo bisogno che le operatrici umanitarie possano raggiungere donne e ragazze, parlare con loro e distribuire beni di prima necessità”.
Ancora una volta in Afghanistan sono le donne a pagare il prezzo più alto della tragedia.
@riproduzione riservata – Celestina Germana Zuffanti