Caso Raoul Bova: chat, ricatti, indagini. Il gossip diventa un thriller legale

Tra audio compromettenti, accuse incrociate e un’indagine per estorsione, il caso che coinvolge Raoul Bova, Martina Ceretti, Federico Monzino e Fabrizio Corona si complica. La privacy violata diventa terreno di scontro legale e mediatico.

caso Raoul Bova

Il presunto ricatto ai danni di Raoul Bova, la diffusione di audio privati a sfondo personale, e il coinvolgimento di Martina Ceretti, Fabrizio Corona e del PR Federico Monzino hanno trasformato una crisi sentimentale in un caso giudiziario di portata nazionale. A pochi giorni dalla pubblicazione delle conversazioni nel podcast Falsissimo, condotto da Corona, la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per tentata estorsione. E non si esclude che possa esserci una lunga scia di conseguenze legali.

Le accuse: dal gossip al sospetto di estorsione

Secondo quanto riportato da la Repubblica, tutto sarebbe iniziato con un messaggio anonimo ricevuto da Raoul Bova, in cui si faceva riferimento alla possibile pubblicazione di conversazioni intime, originariamente dirette alla modella Martina Ceretti, 23 anni. Nonostante nessuna richiesta esplicita di denaro, il contenuto era chiaramente allusivo. L’attore ha scelto il silenzio. Qualche giorno dopo, il 21 luglio, gli audio sono stati resi pubblici da Corona.

Gli inquirenti sospettano che il PR Federico Monzino, amico della Ceretti, possa aver avuto un ruolo nel passaggio dei file compromettenti. Secondo questa ipotesi, sarebbe stato proprio lui a informare Raoul Bova dell’esistenza del materiale, lasciando intendere — senza mai dirlo apertamente — che si potesse evitare la diffusione.

Monzino si difende: “Ho agito con il consenso di Martina”

Monzino, tramite un’intervista al Corriere della Sera, respinge le accuse e cerca di chiarire la sua posizione:

“È stata Martina ad autorizzarmi a inviare tutto a Corona. Era presente quando abbiamo inoltrato i file dal mio telefono.”

L’imprenditore milanese sottolinea che il materiale è stato inviato esclusivamente a Fabrizio Corona e che non ha mai avuto contatti diretti con Bova. Dopo aver consegnato gli audio a Corona, dichiara di non aver più avuto alcun controllo sulla loro destinazione finale.

Il suo legale, Sirio Serafinelli, dello studio Tomaino e De Zan di Milano, precisa che Monzino non è l’autore dei messaggi inviati all’attore e che è pronto a difendersi nelle sedi opportune.

Raoul Bova e Martina Ceretti: relazione ambigua e sparizione improvvisa

Al centro della vicenda, oltre a Raoul Bova, c’è la modella Martina Ceretti, che oggi sembra essere sparita dai radar. I suoi profili social sono stati disattivati e Monzino stesso afferma di non avere più contatti con lei.

“Non stiamo ufficialmente insieme, ma non siamo nemmeno semplici amici. C’è un legame profondo. Vorrei solo sapere come sta”, dice l’imprenditore, esprimendo preoccupazione e desiderio di sostegno.

La reazione di Raoul Bova e la frattura con Rocío Muñoz Morales

Nel frattempo, la vicenda ha avuto ripercussioni anche sulla vita privata di Bova. La relazione con Rocío Muñoz Morales, madre delle sue due figlie, Luna (2015) e Alma (2018), è finita sotto i riflettori.

Il legale dell’attore, David Leggi, ha precisato che i due sono separati di fatto da tempo, pur condividendo la cura delle bambine. Ma la versione è stata smentita categoricamente dal legale dell’attrice spagnola, Antonio Conte, che ha definito “assolutamente falsa” ogni affermazione sulla separazione o su un eventuale accordo.

La Muñoz Morales, venuta a conoscenza degli sviluppi tramite la stampa, avrebbe espresso il desiderio di proteggere le figlie da un clamore tanto improvviso quanto doloroso.

L’intervento delle autorità: indagini, privacy e sanzioni

La Procura ha affidato l’indagine alla Polizia Postale, sotto il coordinamento del PM Eliana Dolce. Sotto sequestro ci sarebbe anche il cellulare di Martina Ceretti, probabilmente cruciale per ricostruire l’origine e la diffusione dei contenuti.

Nel frattempo, è intervenuto anche il Garante della Privacy:

“È vietato pubblicare e condividere colloqui privati” e “chi subisce un illecito da privacy può rivolgersi al giudice penale, come ha fatto l’attore, o al Garante, che applicherà sanzioni amministrative” ha spiegato Guido Scorza, membro del collegio del Garante della privacy, in un’intervista a Repubblica sul caso. In caso di ricorso al Garante, “chi subisce il danno presenta un reclamo”, ha precisato Scorza, “vengono poi effettuate le verifiche, sentite le parti in causa, viene dato il diritto all’accusato di difendersi”.

“Nel caso di un illecito, il Garante può applicare una sanzione pecuniaria, che in un caso come questo corrisponderà o al 2-4 percento del fatturato annuo, o a un ammontare fino a 10-20 milioni (mentre nel caso di privati, la sanzione è commisurata al fatturato dichiarato)”, ha aggiunto ancora Scorza, “e può proporre un provvedimento correttivo”.

“La maggior parte dell’attività del Garante si svolge su istanza di parte” ha poi ricordato Scorza, “noi possiamo chiedere al privato o alla piattaforma su cui il contenuto è stato pubblicato di rimuoverlo. Ma non c’è modo di controllare il ‘repost’, la rete di diffusione del materiale. È vero che c’è una perdita di controllo in tal senso. Pensiamo al ‘revenge porn’ o in generale alla pubblicazione di immagini sessualmente esplicite. Per questo motivo, l’intervento del Garante è spesso preventivo. In genere, se c’è il sospetto che l’illecito possa essere commesso, viene generato quello che in gergo si chiama ‘hash’: un codice alfanumerico che rende il video irriconoscibile e che verrà utilizzato dalla piattaforma per bloccare il contenuto”.

Cosa rischia chi riposta contenuti illeciti?

“Chi riposta non commette reato, ma un illecito da privacy, cioè un illecito amministrativo. È simile a quello che farebbe un giudice civile. La questione però va oltre le sanzioni applicabili: quando sui social contribuisci a diffondere materiale non consensuale, spesso ti dimentichi di star parlando della vita di una persona. Per certi versi, più che nel pettegolezzo, si entra in una dimensione da ‘gaming’. È importante che le persone lo capiscano”.