Ritrovate ossa umane vicino al San Camillo: nuove speranze nel caso Orlandi

Un ritrovamento inquietante a pochi passi dal luogo indicato come prigione della 15enne scomparsa nel 1983. Il DNA potrebbe finalmente rompere il silenzio lungo quarant’anni.

caso Orlandi

Durante una fase di ristrutturazione del fatiscente Padiglione Monaldi, all’interno dell’ospedale San Camillo di Roma, sono stati rinvenuti resti umani. Non si tratta di un luogo qualunque: il padiglione, un tempo destinato alla patologia clinica neuromuscolare, fu attivo fino alla fine degli anni ’80. Successivamente fu oggetto di un tentativo di ristrutturazione nel 1999. Fu poi abbandonato e lasciato al degrado, rifugio di senzatetto e dimenticato dalla città.

Il macabro ritrovamento potrebbe riscrivere la storia di uno dei misteri più oscuri d’Italia. La scomparsa di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di soli 15 anni, svanita nel nulla nel 1983.

La pista della Minardi sul caso Orlandi: fu segregata lì vicino

Le circostanze rendono il ritrovamento ancora più inquietante alla luce delle dichiarazioni rese da Sabrina Minardi, ex compagna del boss della Banda della Magliana, Enrico “Renatino” De Pedis. Secondo il suo racconto, confermato in parte da indagini successive, Emanuela sarebbe stata reclusa proprio in un edificio di fronte al San Camillo, all’angolo tra via Pignatelli e Largo Ravizza, nel quartiere Gianicolense.

In quell’edificio, adibito secondo gli inquirenti a base operativa della banda, furono trovate catene al muro e un gabinetto rudimentale. Indizi di una prigionia duratura. Ma del corpo della ragazza, fino ad oggi, nessuna traccia.

Il ruolo oscuro del Vaticano e della Banda della Magliana

Il contesto in cui si colloca la scomparsa di Emanuela è tutt’altro che chiaro. Le piste investigative hanno sempre oscillato tra poteri forti, ambienti vaticani e criminalità organizzata. La Minardi racconta di aver assistito a spostamenti della ragazza a bordo di una Mini, con a bordo monsignor Paul Marcinkus, all’epoca a capo dello IOR (Istituto per le Opere di Religione).

Il sequestro della giovane, secondo diverse ipotesi investigative, sarebbe stato orchestrato dalla Banda della Magliana per ricattare il Vaticano, in un clima teso seguito all’attentato a Giovanni Paolo II. Un’operazione dai contorni opachi, fatta di silenzi, complicità e omertà.

L’ipotesi agghiacciante: gettata in una betoniera

Il racconto della Minardi, messo a verbale nel 2008, assume tinte sempre più cupe. Racconta che, su ordini superiori, Emanuela sarebbe stata uccisa e il suo corpo fatto sparire in una betoniera a Torvaianica, assieme a quello del giovane Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito di mafia. Nessuna conferma, nessuna prova definitiva. Solo ombre.

Il DNA come unica speranza di verità nel caso Orlandi

Ora il caso potrebbe essere a una svolta. I resti recuperati nel padiglione Monaldi sono nelle mani degli anatomopatologi forensi, incaricati di accertarne età, sesso e provenienza genetica. «Aspettiamo la comparazione del DNA con quello di Emanuela», ha dichiarato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, lasciando trapelare cauta speranza.

È un’ipotesi suggestiva, aggiunge l’avvocato, proprio per la coincidenza tra il luogo del ritrovamento e la testimonianza della Minardi. La Procura, che conserva da tempo il profilo genetico della ragazza scomparsa, potrà ora chiarire se ci troviamo di fronte a una scoperta che chiuderà per sempre un mistero lungo quarant’anni, o a un ennesimo vicolo cieco.

Una verità attesa da troppo tempo

Il caso Orlandi continua a essere uno dei simboli dell’Italia dei misteri irrisolti, dove si intrecciano criminalità, istituzioni religiose e servizi segreti. Le ossa rinvenute potrebbero essere finalmente il tassello mancante, il punto fermo che manca dal 1983. Fino alla conferma del DNA, non resta che attendere, con un misto di speranza e timore. Perché ogni nuovo indizio è anche un tuffo in un abisso di segreti mai svelati.