
Venerdì scorso, sulla pagina Facebook dello chef stellato Paolo Cappuccio è comparso un post che ha scatenato un vero e proprio terremoto mediatico. L’annuncio, rivolto a cuochi in cerca di lavoro per una struttura in Val di Fassa, si è trasformato in poche righe in una lista di esclusioni basate su ideologie politiche e orientamenti sessuali.
«Seleziono chef con brigata per hotel 4 stelle in Trentino», scrive Cappuccio, specificando che si cercano tre figure da dicembre a marzo. Richiedendo uno chef, tre capi partita e un pasticcere, con uno stipendio che varia tra i 2.000 e i 4.000 euro. Ma subito dopo arriva la frase che ha indignato migliaia di utenti: «Non sono graditi comunisti, fannulloni, persone con problemi di alcol, droghe o di orientamento sessuale». Un’aggiunta che, secondo molti, è intrisa di discriminazione e pregiudizi.
Rimozione tardiva e reazioni furibonde contro chef Cappuccio
Il post, dopo essere stato travolto da una valanga di critiche, è stato rapidamente rimosso, ma non abbastanza in fretta da evitare che gli utenti ne salvassero e diffondessero gli screenshot. Il contenuto ha fatto il giro dei social, sollevando accuse di omofobia, intolleranza e violazione dei diritti fondamentali.
Le risposte degli utenti non si sono fatte attendere: tra ironia tagliente e indignazione vera e propria, i commenti hanno invaso Facebook, Instagram e Twitter. C’è chi ironizza sui “piatti forti” dello chef («spaghetti aglio e olio di ricino?»), chi si dichiara apertamente parte della comunità LGBTQ+ e chi denuncia il pericolo di una cultura del lavoro che esclude a priori in base a stereotipi e generalizzazioni.
La replica dello chef Cappuccio: “Non rinnego nulla”
Nonostante la cancellazione del post, Paolo Cappuccio non ha fatto marcia indietro. Anzi, in un’intervista al Corriere del Trentino ha confermato ogni parola scritta, dichiarando che si tratta di uno sfogo dettato dalla frustrazione. Secondo lo chef, con oltre 35 anni di carriera alle spalle e una stella Michelin conquistata a La Stube del Bio Hotel Hermitage di Madonna di Campiglio, il post riflette il disagio vissuto nel trovare personale affidabile dopo la pandemia.
«Sono stanco di assumere gente che non ha voglia di lavorare, che si mette in malattia o brucia il pesce al sale — ha dichiarato —. I diritti sono fondamentali, ma esistono anche i doveri. Cercavo persone serie, non chi confonde il lavoro con il palco di un comizio».
Accuse di omofobia e sessismo: “Non voglio ostentazioni”
A far discutere, in particolare, è stata l’esclusione rivolta alle persone “con problemi di orientamento sessuale”. Una formulazione vaga e offensiva, che Cappuccio ha cercato di spiegare sostenendo di aver avuto problemi in passato con collaboratori LGBTQ+ che — a suo dire — «ostentavano in maniera eccessiva il loro stile di vita».
«Uno può essere quello che vuole — ha dichiarato —, ma sul lavoro deve comportarsi in modo sobrio. In brigata si creavano tensioni, insulti, malumori. Io ho amici gay, ci vado in vacanza, ma in cucina servono disciplina e rispetto». Parole che non hanno fatto che alimentare ulteriormente la polemica.
Il web non perdona: la reputazione è in crisi
La bufera mediatica rischia ora di danneggiare non solo l’immagine personale di Cappuccio, ma anche l’attività ristorativa con cui è attualmente legato, l’Eden Hotel Gourmet di Madonna di Campiglio. Molti utenti hanno sottolineato come dichiarazioni simili possano avere ripercussioni su tutto il personale, innocente ma coinvolto in una tempesta generata da un singolo post.
Tra i tanti commenti si leggono frasi come: «Pensa essere così arrogante da non riuscire a tenere per sé le proprie opinioni, danneggiando un’intera attività» oppure «Spero ti mandino a cucinare alla Caritas, almeno ti rendi utile». L’ironia è spesso caustica, ma il tono generale è quello di una condanna unanime verso atteggiamenti ritenuti anacronistici e pericolosi.
Una riflessione necessaria: cosa resta dopo lo scandalo
L’episodio solleva interrogativi profondi sul mondo del lavoro e sull’inclusività nel settore della ristorazione. Può un datore di lavoro permettersi di selezionare personale sulla base delle proprie opinioni personali, politiche o morali? Esiste ancora un confine chiaro tra sfera privata e contesto professionale?
Cappuccio ha provato a giustificarsi parlando di un momento di “stanchezza mentale” e “sfogo personale”, ma ciò non basta a placare un’opinione pubblica sempre più sensibile ai temi dell’inclusione, della parità di diritti e della libertà individuale. La rete ha dimostrato ancora una volta di essere uno specchio spietato della società, capace di sanzionare in tempo reale ciò che un tempo sarebbe passato sotto silenzio.