Tragedia a Racale: Filippo Manni uccide la madre dopo un banale rimprovero

Un semplice richiamo scatena l’orrore nel Salento. La vittima, Teresa Sommario, colpita mortalmente dal figlio 21enne. Il paese sotto shock tra domande senza risposte e riflessioni sulla fragilità emotiva delle nuove generazioni.

filippo manni

Una domenica ordinaria si è trasformata in un incubo per la comunità di Racale, piccolo centro del Salento, in provincia di Lecce. In un appartamento al piano terra di una casa bianca, il 21enne Filippo Manni, studente universitario, ha colpito mortalmente la madre, Teresa Sommario, con un’accetta. Il movente? Un rimprovero per non aver salutato entrando in casa. Una reazione spropositata e incomprensibile, che ha immediatamente scatenato l’intervento delle forze dell’ordine.

Filippo Manni: il delitto e la fuga. Vagava in stato confusionale

Dopo il gesto estremo, il giovane si è dato alla fuga. È stato rintracciato poco dopo mentre si dirigeva verso Torre Suda, una località costiera non lontana. Era a torso nudo e in evidente stato confusionale. Fermato dai carabinieri, è stato condotto in caserma per essere interrogato. Per lui si sono aperte le porte del carcere con l’accusa di omicidio volontario. L’arma del delitto è un’accetta da boy scout che Filippo aveva fin da bambino.

Una famiglia stimata, nessun segnale premonitore

Le testimonianze dei vicini e delle istituzioni locali tracciano il profilo di una famiglia stimata. Teresa, 52 anni, lavorava per un’azienda privata a Lecce ed era madre di tre figli: Filippo e due gemelli che a breve compiranno 18 anni. Proprio uno dei gemelli, presente in casa, ha assistito alle tragiche conseguenze: è stato lui a trovare il corpo della madre in una pozza di sangue e ad allertare i soccorsi.

Il sindaco di Racale, Antonio Salsetti, ha espresso sgomento: “Conoscevo bene la famiglia, soprattutto il padre. È una tragedia che non ha spiegazioni, non c’erano segnali”. Anche Filippo veniva descritto come “un ragazzo come tanti”, senza apparenti problemi.

Studi, pressione e la fragilità emotiva di Filippo Manni

Filippo Manni era rientrato da Roma, dove studiava Economia, per partecipare alla festa patronale di San Sebastiano. Alcune fonti parlano di tensioni legate al percorso universitario, che avrebbero alimentato un clima di conflittualità. Tuttavia, nulla lasciava presagire una reazione tanto estrema.

Una società che alimenta disagio e violenza giovanile

La tragedia apre interrogativi profondi sullo stato emotivo delle nuove generazioni. Episodi come questo non possono essere liquidati come “follia improvvisa”. Si inseriscono in un contesto più ampio, dove l’incapacità di gestire le emozioni, unita all’isolamento sociale e alla fragilità psicologica, può generare reazioni devastanti.

La generazione Z cresce in una società che spesso mostra più aggressività che empatia. I modelli adulti faticano a trasmettere stabilità e i social media, invece di unire, amplificano pressioni, insicurezze e senso di inadeguatezza.

Il prezzo dell’individualismo e della cultura dell’apparenza

Viviamo in un’epoca in cui apparire ha più peso dell’essere. I social, che dovrebbero connettere, si trasformano in arene di giudizio, bullismo e sfide autodistruttive. La società dell’immagine ha generato una generazione più sola e meno preparata ad affrontare frustrazioni e fallimenti.

Nel vuoto educativo e affettivo, la violenza diventa valvola di sfogo. Il gesto di Filippo Manni non è solo un crimine da cronaca nera, ma il riflesso deformato di una generazione che chiede aiuto, spesso in silenzio, mentre l’adulto guarda altrove.