La Romania volta le spalle ai sovranisti

Il popolo si mobilita, Simion crolla: la lezione per Meloni e Salvini

Nicusor Dan

La vittoria di Nicușor Dan alle elezioni presidenziali rumene è molto più di un risultato nazionale: è un segnale potente per l’Europa intera. Il sindaco centrista e filo-europeo di Bucarest ha sconfitto George Simion, candidato dell’estrema destra nazionalista, con il 54% dei voti al secondo turno, nonostante Simion avesse dominato il primo. Ma non è stato un miracolo: è stato il frutto della mobilitazione democratica.

I 11,6 milioni di elettori che si sono recati alle urne, con un’affluenza salita dal 53% al 65%,  hanno scelto di bloccare l’avanzata sovranista, e lo hanno fatto in modo chiaro e determinato. La Romania, paese chiave per la sicurezza euro-atlantica, ha così evitato una svolta reazionaria e anti-occidentale proprio quando i venti del putinismo soffiavano forte sulle sue istituzioni.

Un dato è certo: quando i cittadini partecipano, gli estremismi arretrano. È una dinamica già vista in Germania, dove l’alto afflusso alle urne ha contenuto la crescita dell’AfD. In Romania è accaduto lo stesso. L’estrema destra prospera sull’apatia, sul disincanto e sulla disinformazione. Ma quando le urne diventano luoghi di resistenza civile, la propaganda crolla.

Non sono bastati, stavolta, nemmeno gli endorsement esterni. Giorgia Meloni e Matteo Salvini, capi indiscussi del fronte sovranista in Italia, hanno apertamente sostenuto George Simion. Una scelta che si è rivelata fallimentare e che conferma quanto i riferimenti dell’estrema destra italiana siano ormai isolati in Europa. La presidente del Consiglio italiana, che si proclama difensore dei valori occidentali, ha spalleggiato un candidato noto per le sue simpatie verso Trump e per la sua retorica anti-europea e anti-NATO. Salvini, dal canto suo, ha continuato a flirtare con il revisionismo russo e l’anti-globalismo, cercando nella Romania di Simion un’eco della propria parabola politica.

Il loro supporto non solo non ha aiutato Simion, ma ha forse rafforzato la percezione di un’alleanza internazionale dell’estremismo, contro la quale l’elettorato rumeno ha reagito con forza. A vincere è stata l’Europa dei diritti, della democrazia liberale, della cooperazione. A perdere, è stata l’Europa del rancore e della nostalgia autoritaria.

Il voto rumeno offre anche un monito prezioso: chi vuole fermare le derive sovraniste non può permettersi il lusso dell’astensione. I cittadini devono scegliere. Solo così si può impedire che forze dichiaratamente anti-democratiche conquistino le leve del potere.

Nicușor Dan ha detto che “le elezioni non riguardano i politici, ma le comunità”. È vero. Ma riguardano anche i valori. E la Romania, questa volta, ha scelto i valori giusti. L’Italia, e l’Europa, farebbero bene a prendere nota.