Nelle Filippine anche un detenuto può diventare sindaco della sua città

In carcere nei Paesi Bassi, l’ex presidente Duterte è candidato a sindaco di Davao mentre il paese affronta elezioni segnate da violenza, scandali e faide dinastiche.

sindaco filippine

In un evento che ha dell’incredibile, Rodrigo Duterte, ex presidente delle Filippine, oggi detenuto all’Aia su mandato della Corte penale internazionale, è ufficialmente in corsa per diventare sindaco di Davao, città simbolo del suo potere. Nonostante si trovi in custodia preventiva nei Paesi Bassi per rispondere delle accuse di crimini contro l’umanità legati alla sanguinosa guerra alla droga da lui orchestrata, il suo nome figura tra i candidati per la carica di primo cittadino.

Il deposito della candidatura risale a ottobre 2024, quando era ancora un uomo libero. In caso di vittoria, l’incarico potrebbe essere assunto dal figlio Sebastian, attuale sindaco in carica e candidato come vice. La mossa conferma l’intenzione dei Duterte di mantenere saldo il controllo su Davao e, più in generale, sulla scena politica filippina.

Marcos contro Duterte: da alleati a rivali

Le elezioni di medio termine in corso sono molto più che una semplice tornata amministrativa. Esse rappresentano un banco di prova cruciale per il fragile equilibrio politico tra il presidente Ferdinand Marcos Jr. e la vicepresidente Sara Duterte. Un’alleanza che, nata nel 2022 per unire due delle famiglie più potenti del paese, oggi si è sgretolata sotto il peso di accuse, sospetti e ambizioni contrastanti.

Sara Duterte è sotto indagine da parte del Parlamento per presunti gravi reati, inclusi corruzione e un presunto complotto per assassinare Marcos Jr. Il deterioramento dei rapporti tra i due ha raggiunto un punto di rottura quando, a marzo, Rodrigo Duterte è stato arrestato e trasferito nei Paesi Bassi per essere giudicato dalla Corte penale internazionale. Un evento senza precedenti che ha segnato una svolta nei rapporti tra Manila e la giustizia internazionale.

Nelle Filippine una dinastia in bilico

La famiglia Duterte punta apertamente a preservare il proprio potere, minacciato dall’avanzata dei Marcos. Se Rodrigo dovesse essere eletto per l’ottava volta come sindaco, la famiglia consoliderebbe la propria presa su Davao, con almeno sette suoi membri pronti a ricoprire incarichi nell’amministrazione cittadina.

Ma la posta in gioco è più alta: queste elezioni sono anche il primo test sulla tenuta politica di Sara Duterte. I risultati al Senato potrebbero decidere il suo destino: 12 dei 24 seggi sono in palio, e chi ne uscirà vincitore avrà voce in capitolo sull’impeachment della vicepresidente, previsto per l’estate. Una condanna la escluderebbe per sempre dalla scena politica, vanificando ogni possibilità di una futura candidatura presidenziale nel 2028.

Escalation di violenza: le Filippine in piena tensione elettorale

Il contesto delle elezioni è segnato da un’intensificazione di manifestazioni violente. Le Filippine hanno una lunga storia di consultazioni elettorali ad alta tensione, soprattutto nel sud del paese, dove gli scontri tra clan rivali si trasformano spesso in tragedie.

Oltre 163.000 agenti sono stati mobilitati per garantire la sicurezza. Tuttavia, il bilancio è già drammatico: almeno 16 morti nei giorni precedenti al voto, inclusi candidati, ufficiali elettorali e capi comunità. A Silay, una sparatoria all’apertura dei seggi ha causato ulteriori vittime, confermando il clima da guerra civile che aleggia sulle urne.

Sondaggio dopo l’arresto: crolla Marcos, sale Duterte

L’arresto di Rodrigo Duterte ha avuto un effetto immediato sull’opinione pubblica. Il tasso di approvazione di Marcos Jr. è sceso dal 42% al 25%, mentre quello di Sara Duterte è salito al 59%. Una polarizzazione che mostra come l’ombra dell’ex presidente continui a influenzare il dibattito pubblico e la percezione del potere nelle Filippine.

La popolazione è divisa, il panorama politico spaccato, e le urne diventano ora teatro di una battaglia che va ben oltre i confini della democrazia rappresentativa. In gioco c’è il futuro stesso dell’assetto istituzionale del paese.