
Dopo 27 anni di servizio nella catena di distribuzione all’ingrosso Metro, Paolo Michielotto viene licenziato a causa di una presunta irregolarità dal valore di 280 euro. Dieci giorni dopo il licenziamento, l’uomo si è tolto la vita. La sua famiglia, sconvolta dal dramma, ha deciso di portare l’azienda in tribunale per chiedere giustizia.
Licenziato per un presunto danno economico
Paolo Michielotto lavorava nella sede Metro di Marghera come addetto alle vendite, gestendo un’ampia clientela composta prevalentemente da ristoratori. Secondo le ricostruzioni, aveva adottato una prassi comune tra i dipendenti: per aiutare alcuni clienti a ottenere la consegna gratuita, aggiungeva agli ordini prodotti non disponibili in magazzino per raggiungere la soglia minima richiesta. Questa pratica, che in altri casi non aveva portato a provvedimenti disciplinari, ha invece causato la sospensione e poi il licenziamento di Michielotto il 31 luglio 2024, con l’accusa di aver arrecato un danno economico di 280 euro all’azienda.
Lo sconforto e la tragica decisione
Dopo il provvedimento, Michielotto aveva contattato il sindacato per impugnare il licenziamento. Tuttavia, il peso della situazione si è rivelato insostenibile: l’11 agosto dello stesso anno, sopraffatto dalla disperazione, si è tolto la vita nella sua abitazione. La sua famiglia, distrutta dal dolore, ha deciso di intraprendere un’azione legale contro Metro, assistita dall’avvocato Leonello Azzarini.
Le difficoltà degli ultimi mesi e la battaglia per la giustizia
Secondo i legali, negli ultimi mesi di lavoro Michielotto aveva subito un declassamento senza spiegazioni e un clima di ostilità da parte dei superiori. Aveva iniziato a cercare una nuova occupazione e aveva anche superato un colloquio di lavoro, ma era profondamente turbato dalla situazione. “Non voleva lasciare Metro, nonostante tutto”, raccontano i familiari.
Ora la famiglia chiede un risarcimento pari a 24 mensilità, non tanto per il valore economico, quanto per il riconoscimento dell’ingiustizia subita. “Nessuna somma potrà restituirci Paolo, ma vogliamo che la sua storia serva da monito”, dichiarano i parenti.