Wikileaks, Assange “potrebbe patteggiare e uscire di prigione”

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta considerando la possibilità di permettere a Julian Assange di ammettere la sua colpevolezza rispetto all’accusa meno grave di gestione negligente di informazioni riservate. Questo potrebbe aprire la strada a un accordo che potrebbe portare alla sua liberazione dalla prigione britannica, riporta il Wall Street Journal citando fonti informate sulla questione.

Se i pubblici ministeri consentissero a Julian Assange di ammettere la colpevolezza per il reato minore di cattiva gestione di documenti riservati, i cinque anni trascorsi in prigione a Londra potrebbero essere considerati ai fini di una eventuale condanna negli Stati Uniti. Ciò significherebbe che, una volta concluso qualsiasi accordo, il giornalista potrebbe trovarsi con la pena già scontata e libero di lasciare la prigione poco dopo. Uno scenario per niente facile.

Assange, il controverso fondatore di WikiLeaks, attualmente 52enne, è impegnato in una lunga battaglia legale con il governo del Regno Unito per evitare l’estradizione negli Stati Uniti, dove affronta l’accusa di aver diffuso migliaia di documenti militari e dispacci diplomatici statunitensi intorno al 2010. Attualmente, un tribunale britannico sta valutando la possibilità di concedere a Assange un ultimo ricorso.

Dopo che le autorità statunitensi lo hanno accusato nel 2019, Assange è stato arrestato dalle forze dell’ordine britanniche ed è stato detenuto in una prigione a Londra da allora.

Sin dall’arresto, Assange ha intrapreso una lunga battaglia legale con il governo di Londra per evitare l’estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di 18 capi d’accusa per cospirazione e spionaggio. Le accuse derivano dalla pubblicazione, intorno al 2010, di migliaia di documenti militari statunitensi riservati sulle guerre in Iraq e Afghanistan. I suoi avvocati sottolineano che si tratta di informazioni autentiche, che sarebbero state pubblicate da qualsiasi giornalista. Tuttavia, i procuratori americani sostengono che la divulgazione di tali informazioni ha messo a rischio la sicurezza nazionale e deve essere severamente punita.

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